Così le lane e le sete pregiate hanno cambiato la moda
La Repubblica, 12-01-2020, Maria Cristina Carratù
C’è un momento in cui il ‘codice’ occidentale dell’abbigliamento, rimasto più o meno lo stesso per secoli, fa un salto evolutivo, ponendo le basi della moda di oggi. Lo racconta Roberta Orsi Landini, studiosa del tessuto e del costume a lungo impegnata con le collezioni tessili di Palazzo Pitti, nel suo libro Moda a Firenze e in Toscana nel Trecento, che, attraverso l’analisi della pittura e della letteratura del tempo, dagli affreschi del Buono e Cattivo governo di Ambrogio Lorenzetti, al Decamerone di Boccaccio, dalla Storia della Vera Croce di Agnolo Gaddi allo Specchio della penitenza di Jacopo Passavanti, offre un rassegna visiva e letteraria dei passaggi che hanno portato alla nascita di uno dei fenomeni sociali più significativi della modernità.
È il XIV secolo, quando, nelle classi alte (ma poi anche nelle altre) si assiste a un radicale cambiamento di foggia degli abiti di entrambi i sessi, e soprattutto degli uomini, nonché, di lì in poi, ad una incessante ricerca di novità nel modo di vestire, come non si era mai vista
prima. Una rivoluzione, sostenuta dal diffondersi dei beni di lusso, in particolare le lane e le sete pregiate, che in campo maschile porta all’obsolescenza la semplice tunica fino ad allora in uso, erede diretta dell’antichità, da qui in poi appannaggio di anziani, artigiani, lavoratori, categorie sociali inferiori. E alla introduzione di un abbigliamento che valorizza – ovvero, secondo i tanti censori dell’epoca, esibisce in modo immorale – la figura virile, come mai prima. I giovani, soprattutto, i rampolli delle famiglie illustri e dei ceti emergenti, come già gli uomini d’arme, i nobili e i cavalieri delle corti d’Oltralpe, dove la nuova moda era nata, apprezzano la possibilità di mettere in risalto il corpo suggerita dall’abbigliamento militare. Il farsetto, allungato fino a coprire il bacino, diventa il capo ‘cult’ con cui sottolineare vigore, forza, desiderabilità erotica. Mentre le gambe, liberate dai vecchi panneggi e fasciate separatamente, con tessuti aderenti cuciti su misura da un sarto, acquistano un ruolo di pr
imo piano in una concezione inedita dell’abito maschile, in cui anche braccia e busto, e i piedi, ricevono specifiche attenzioni. Sono nati, insomma, i primi pantaloni, e si delinea quello che sarà l’abbigliamento da uomo dei nostri giorni, ben differenziato da quello femminile, che in questo stesso secolo cambia a sua volta profondamente, anche se meno dell’altro, ‘disarticolandosi’ per sottolineare meglio le forme. Intorno alla moda ‘giovane’ del Trecento nascono e crescono maestranze specializzate, a cominciare dai sarti, curatori dell’immagine pubblica dei loro clienti. Un mondo nuovo si è messo in moto, e invano le leggi suntuarie (a Firenze particolarmente restrittive) tenteranno di arginare la «corruzione dei costumi» regolamentando bottoni e scollature: «Proprio la proliferazione dei divieti», spiega l’autrice, «e l’attenzione pedante alle novità che si vogliono vietare», saranno «alla base di un sempre più accelerato processo di cambiamento, che rende inefficace qualsiasi tentativo di regolare il fenomeno».