Storie e volti di Montelupo
Antiquariato, 01-11-2019, Chiara Pasqualetti
Per secoli, la produzione di Montelupo ha dominato il commercio d’esportazione delle ceramiche italiane. Fin dal XIII secolo, da questo piccolo centro sulle rive dell’Arno partivano carichi destinati a tutta Europa, da Cipro all’Inghilterra, ma pezzi di ceramica montelupina seicentesca sono stati ritrovati persino in Sudamerica, a testimonianza della loro eccezionale diffusione-. Caduta nell’oblio, la produzione di Montelupo è stata riscoperta solo negli ultimi cinquant’anni, premiata dalle quotazioni in salita dei prezzi più pregiati e ricercata da un collezionismo appassionato che ha pr
omosso la fioritura di saggi e studi. L’ultimo, appena pubblicato, riprende le fila del precedente Maioloche “figurate” di Montelupo, edito da Polistampa nel 2012, arricchendo e completando la ricerca con nuovi contributi. La presentazione è firmata da Timothy Wilson, curatore del British Museum e docente di Storia delle arti del Rinascimento ad Oxford, mentre i contributi sono affidati a Fausto Berti e Carmen Ravanelli Guidotti, che ha curato il volume. Particolarmente interessante, il saggio di Marino Marini dedicato alla produzione della cosiddetta “Bottega del Tridente” ipotizza che i
pezzi marchiati con quel simbolo siano stati realizzati a Montelupo da Gerolamo Mengari, maestro fiorentino, a conferma della mobilità degli artigiani nell’Italia rinascimentale. Ricco e vario, l’apparato iconografico presenta capolavori museali ma anche molti inediti, provenienti da raccolte private, riprodotti in grandi immagini a colori accompagnate da schede approfondite. Il risultato è uno splendido repertorio di maioliche istoriate, stemmate o decorate con ritratti, pennellati col blu cobalto nel Rinascimento o quel rosso cupo così intenso e prezioso da diventare il simbolo di Montelupo.