L’arca della morte
Storia in Rete, 01-06-2018, Guglielmo Salotti
Al di fuori dei confini albanesi, il nome dello scrittore e politico Pjetër Filip Arbnori (Durazzo, 1935- Napoli, 2006) è ancora oggi poco conosciuto, come avvolto anch’esso dalla fitta coltre di nebbia che ha stazionato a lungo sul Paese balcanico. Se ne parla oggi, a oltre un decennio dalla scomparsa, al momento della pubblicazione, in Italia, del suo Diario inedito: cruda testimonianza della lunghissima detenzione ( più di 28 anni, dal 1961 al 1989) patita nelle prigioni albanesi durante la dittatura comunista di Enver Hoxha. Una pubblicazione curata da Dario Fertilio, cui Arbnori, poche settimane prima della morte, aveva regalato il Diario, come omaggio al giornalista e saggista fondatore,. Con Vladimir Bukovskij, dei Comitati internazional
i per la Libertà e promotore, dal 2003, del «Memento Gulag», la giornata (7 novembre) della memoria per le vittime del Comunismo e di tutti i totalitarismi. Predominanti nel Diario sono i riccordi legati alla detenzione, in uno stillicidio di violenze, umiliazioni, illusioni, delusioni, che mettevano a dura prova le capacità di resistenza, fossero anche sorrette (come per Arbnori) dalla fede. Non mancano, comunque, notazioni più propriamente politiche su una Albania chiusa al mondo esterno dopo le rotture con Jugoslavia, URSS e Cina. Una chiusura soprattutto nei confronti del mondo occidentale, sul piano politico ed economico, in cui Arbnori - che, dopo, il 1989, sarà eletto deputato nelle file del Partito Democratico d’Albania e, per due vo
lte , presidente del Parlamento- vedrà «uno dei danni maggiori causati dal Comunismo all’Albania». Modello da evitare l’Occidente, ancor più il clero cattolico, visto nell’Albania di Hoxha come il maggior nemico sul piano sociale, culturale e politico. Nemico perché espressione del patriottismo albanese contro una «entità estranea» come l’internazionalismo marxista, e perché contrario a derive panslaviste accarezzate, nemmeno troppo velatamente, dalla Jugoslavia. Contro un nemico di tal fatta, ma anche contro tutti gli oppositori veri o presunti, compresi alcuni comunisti, il regime di Hoxha avrebbe posto in atto- attraverso la famigerata Sigurimi, la polizia segreta- i metodi più subdoli ed efferati tipici di ogni totalitarismo.