Giuliano Ghelli, pop e spregiudicato
Il Tirreno, 19-04-2018, Gabriele Rizza
A Fiesole le opere dell’eccentrico artista dalla visione fantastica della realtà

Nel clima effervescente di un’arte contemporanea che anche a Firenze, a partire dagli anni 60 del 900 cercava nuovi sbocchi e altre coniugazioni, si colloca il nome di Giuliano Ghelli (scomparso nel 2014), artista “eccentrico e individualista”, nel senso di una ricerca che, pur nel solco delle così dette avanguardie, evitava le facile etichette e lo schematico inquadramento. Ne è testimonianza la mostra aperta a Fiesole, nella Sala del Basolato, a cura di Mirella Branca, che presenta un Ghelli inedito, dialetticamente erudito fra gioco e forma, lungo un itinerario ventennale, dal 1963 al al 1983, declinato in una cinquantina di opere. La contemporaneità di Ghelli è vivace, giocosa, altamente spregiudicata quant
o delicatamente eversiva. Compagni di viaggio sono le fascinazioni pop di un’arte senza connotati, che produce immagini e oggetti di nuova figurazione, frammentata e futuribile, poetica nella cornice e tecnologica nella composizione, in sintonia con le tendenze dell’epoca, quando il Belpaese si apriva alla cultura di massa, nel contesto di una piena fiducia nei ritrovati della scienza (non è un caso se nel 1963 il Nobel per la chimica andrà a Giulio Natta per le sue “scoperte nel campo dei polimeri", come a dire per aver inventato la plastica). Ghelli espose in quegli anni in mostre collettive nelle sedi di Firenze e di Milano della galleria “Numero” di Fiamma Vigo, luogo di incontro delle più moderne tendenze, respirando nel decennio successivo, il clima fiorentino reso fervido dalla presenza di
gallerie che coltivavano il gusto delle avanguardie. E siccome erano gli anni della “Immaginazione al potere”, Ghelli contempla una visione della realtà in chiave fantastica, stimolata tra l’altro dal mondo della fantascienza, un genere estremamente popolare, alimentato dal cinema, dal fumetto, dalla letteratura. Come attestano i pezzi robotici ispirati ai romanzi di Isaac Asimov, lettere o cerchi, segni o forme, giunture meccaniche e dinamiche frecce direzionali, colori intenzionalmente privi del loro carattere pittorico, un mondo tendente all’astratto, sagome dotate di vita autonoma e divenute forme oggettuali, tracce di un racconto favolistico, come nei suoi “Portapaesaggi”, fatti di ruote, segnali stradali, binari, grattacieli. Aperta fino al 20 maggio. Catalogo Polistampa. Ingresso libero.