Il sole velato
Leggere:tutti, 01-01-2018, Carla Iannacone
“La ricordo quella casa/vi accadeva poco o nulla/forme e sostanze erano fuse/ma nell’oscurità prendeva corpo/il mistero delle parole/e appariva tutta la mia follia/abitava già lì il mio dolore”[...].
Comincia così Il sole velato di Marco Boietti, un’opera “atipica” e simultaneamente poetica. Poetica perché il linguaggio adoperato in questo piccolo libro è la poesia. È lei il terzo – o forse sarebbe meglio dire il primo – protagonista di questa storia che affianca Paul e Claire conosciutisi per caso durante la visita di un appartamento tramite un’agenzia immobiliare. Dalle prime battute si potrebb
e immaginare di essere in pieno giorno. Esatto: "battute", poichè invero le prime pagine si aprono con un dialogo tra lui e lei che, guardandosi intorno, definiscono l’appartamento molto luminoso. Un dialogo che si consuma in due righe – appena una pagina – salvo poi cambiare registro: nela pagina successiva si viene risucchiati nel vortice della poesia e della musicalità che ci accompagna fino alla fine della storia. Una storia d’amore, struggente, delicata, che non poteva essere narrata altrimenti se non attraverso i versi del poeta.
È un’opera atipica perché al suo interno ci si imbatte dapprima nella pr
osa, poi nella poesia, poi in una sorta di teatro e infine nella musica. le parole difatti recano molta liricità al dialogo tra Paul e Claire, è come entrare in una scenografia con sottofondo musicale, esattamente come l’ha definita Alessandra Paganardi nella sua prefazione. Ma, oltre alla poesia, si ha come l’impressione di leggere una lettera d’addio, un gesto d’amore che culmina nella fusione dei corpi dei due protagonisti e di cui al lettore non è dato sapere quale sia dopo la loro sorte.
Un libro incantevole per chi ama la poesia, di tutt’altra opinione per chi preferisce il classico romanzo da leggere.