Il dissenso negato: fiesolani colpiti da provvedimenti di Polizia Politica
Corrispondenza, 06-07-2018, Silvano Sassolini
Forse in ogni casa fiesolana c’era un familiare o un parente prossimo dei 103 fiesolani schedati nel Casellario politico centrale (fondo conservato a Roma presso l’Archivio Centrale dello Stato e oggi accessibile). Si noterà infatti che il loro numero è davvero considerevole se si rapporta al totale complessivo della popolazione del comune di Fiesole; fra essi sono comprese anche tre donne.
Pur avvertendo che il controllo del dissenso politico era già stato avviato in Italia dalla fine dell’800, è durante il fascismo che diventano molte le persone ritenute avverse al regime e perciò “sovversive”, costrette a vivere sotto la paura che delatori (anche insospettabili) riferiscano in alto loco i più vari ragionamenti che appena si discostino dall’ortodossia del regime, fossero anche le barzellette che circolavano numerose sul Duce e sull’apparato politico e militare del ventennio.
In aggiunta ai fascicoli nominativi il Curator
e ha poi pubblicato dieci sentenze del “Tribunale speciale per la difesa dello Stato” (costituito nel 1926) che riguardano, fra gli altri, cittadini nati a Fiesole o comunque legati in qualche modo al colle lunato. Si resta perplessi nel constatare come il legislatore fascista ritenesse il dissenso politico più grave dei reati comuni facendolo diventare oggetto di una repressione specifica. I processi svolti da questo Tribunale dal 1926 al 1943 in Italia mandarono alla sbarra 5619 imputati (fra cui 122 donne e 697 minori) dei quali 4596 furono giudicati colpevoli. Le sentenze più gravi portarono all’emissione di 42 condanne a morte (di cui 31 eseguite) e di tre ergastoli.
Ristabilita la democrazia, non per questo venne meno quell’attività di intelligence che ogni governo pone in essere per la tutela della sicurezza dei cittadini, delle istituzioni, delle imprese, ecc., con frequenti sconfinamenti anche nella sfera personale. Raccontava
, tra il serio e il faceto, il prof. Giorgio La Pira, ai tempi in cui era sindaco di Firenze, che dopo aver alzato il telefono era solito salutare innanzitutto il militare che in questura era comandato a registrare le sue conversazioni... Anche oggi si fa così, forse anche di peggio, per di più il digitale che ci connette al mondo è anche una tecnologia di sorveglianza.
Tornando al libro sugli schedati di Fiesole, pur mettendo in conto che è facile ripetere pensieri che forse ai giovani d’oggi suonano come retorici, ci pare però giusto riaffermare che a quei “sovversivi” di ieri dobbiamo essere tutti un po’ grati. Se oggi viviamo in democrazia e in pace lo dobbiamo anche a quelle persone che furono incarcerate e/o confinate o dovettero riparare all’estero.
Concludiamo ricordando che questo volume è il n. 9 della collana “Quaderni d’Archivio” voluta dall’amministrazione comunale di Fiesole e diretta da Maura Borgioli.