Da Lucrezia ad Anna Maria Luisa: tributo alle «magnifiche» dei medici
Toscana Oggi, 26-11-2017, Antonio Lovascio
Anche nella seconda serie televisiva Rai, che si sta girando a Volterra con un cast in minima parte rinnovato, appariranno probabilmente defilate o citate, non certo nel ruolo di protagoniste. In un mondo governato e narrato per secoli dagli uomini le donne della famiglia Medici sono poco conosciute, seppur si siano spesi per rivalutare le loro figure scrittori o studiosi come Piero Bargellini, Arnaldo D’Addario e Marcello Vannucci. La Storia è stata con loro impietosa, lasciando tracce solo di quelle assettate di potere, avide o perverse; relegando nell’ombra quelle che invece sono state costrette a prove durissime fin dall’infanzia e non si sono risparmiate come madri, mogli intelligenti ed oculate, impegnate anche a dar gloria al Casato che per trecento anni ha dominato Firenze attraverso abili strategie matrimoniali. Eppure fu una donna (Lucrezia) a salvare le finanze medicee prendendo le durante la malattia del marito Piero, consegnando al figlio Lorenzo il Magnifico le risorse per fare di Firenze la «città ideale». Pure dietro al genio del granduca Cosimo I c’era una donna (Eleonora) che dedicò la vita alla «costruzione» del principe per poi ritirarsi dietro le quinte. Fu una donna (Alfonsina) a riportare i Medici a Firenze dopo la cacciata del 1494, e un’altra donna assicurò alla città il patrimonio di famiglia (quadri e statue, mobili e gioielli) evitandone la dispersione per le corti europee. A colmare questa lacuna agli occhi e nella memoria dei suoi contemporanei ci ha pensato Daniela Cavini con il libro Le Magnifiche dei Medici, una galleria di dodici ritratti al femminile «uno più bello dell’altro», come li definisce nella prefazione Paolo Ermini, che non lesina elogi ad «una giornalista precisa e curiosa, dalla scrittura piacevole; una fiorentina innamorata della sua città»: dopo aver lavorato per tredici anni all’estero tra guerre e campi profughi, scattando splendide ma «dure» immagini fotografiche, ripara l’anima occupandosi di Comunicazione e pa
trimonio culturale, crescendo insieme a tre figli. Questo volume è il frutto di un’inchiesta condotta da Daniela Cavini sul «Corriere Fiorentino» proprio ai tempi delle otto puntate della prima fiction televisiva. Queste storie si stagliano in un racconto del grande affresco mediceo lungo tre secoli, dove si intrecciano amore ed affari, alleanze ed intrighi politici, virtù inaspettate e debolezze fatali. «Sono profili “privati” - precisa l’autrice - che certo non assolvono da ogni “colpa”; ma almeno cercano di capire, forse di intuire in quale pozzo di malinconia - quello in cui ogni donna cade prima o poi nella vita - siano scivolate le Signore dei Medici, e quando e come se ne siano tirate fuori, se mai è accaduto. Queste storie però, suggeriscono anche che in momenti cruciali della vicenda medicea, sono state proprio loro - le donne - a mantenere la rotta, a rimettere in piedi la casata». Si parte con la già menzionata Lucrezia Tornabuoni, poetessa e letterata che per i figli Lorenzo e Giuliano vuole la miglior educazione, ma allo stesso tempo è concreta e lungimirante: non a caso definita «l’unico uomo della famiglia» dal suocero Cosimo il Vecchio, leader della più importante banca internazionale dell’epoca, padre di Piero. Ecco Clarice Orsini: mette al mondo nove figli, dà i natali al futuro papa Leone X, vive nell’ombra, fa di tutto per essere una buona moglie per Lorenzo, che non la ama ma la rispetta: nessuna amante prenderà mai il suo posto. Da Alfonsina («Una Lady Macbeth all’italiana»?) si passa a Caterina Sforza «La tigre di Forlì») eroina indomita, madre dell’ultimo dei grandi condottieri (Giovanni dalle Bande Nere, cui ha trasmesso la passione per le armi) incantata fin da bambina dalla dimora dei Medici e ritratta da grandi pittori , Botticelli in testa. Poi Daniela Cavini ci spiega come Maria Salviati, schiva e modesta, è diventata l’artefice del genio di Cosimo I; e come questi sposò Eleo
nora da Toledo, sovrana superba, scelta - come altre prima di lei - per il nome: era figlia di Don Pedro, vicerè di Napoli, luogotenente dell’Imperatore Carlo V. Nessuno sa nulla di Isabella terzogenita di Cosimo I, se non che fece una brutta fine, asfissiata dalla corda di un Orsini, con la mano di un Medici sul cappio: ma è stata lei l’ultima erede dello spirito del Magnifico. Voltando pagine troviamo Bianca Cappello, la cortigiana che osò farsi duchessa: forse nessuna donna è stata così maltrattata dai fiorentini. Qualche interrogativo incombe su Caterina de Medici, sposa a Enrico II re di Francia: tiranna assetata di potere o fine diplomatica? Avventuriera senza scrupoli o instancabile mediatrice? Invece su Maria, seconda regina Medici planata sul trono di Francia, sembra esserci un curioso consenso: altera, presuntuosa e scarso senso politico. Poco intelligente e collerica. Di ben altro stampo Cristina di Lorena, che vive accanto al marito Ferdinando I l’ultima grande stagione (50 anni) di splendore mediceo. Infine c’è Il ritratto di Maria Luisa, l’ultima dei Medici, la madre degli Uffizi: «Se abbiamo la Venere di Botticelli - scrive Daniela Cavini - è grazie a lei. Se custodiamo la Notte di Michelangelo o il David di Donatello lo dobbiamo al suo acume. Se ogni anno milioni di turisti affollano gli Uffizi o Palazzo Pitti, è perché lei - non potendo partorire un figlio - dà alla luce una visione: che quadri e statue, biblioteche e gioielli di una dinastia ormai esausta, rimangano in città». Quarant’anni prima di Pietro Leopoldo, è proprio Maria Luisa - prediletta del padre Cosimo III, felice sposa di Giovanni Guglielmo di Sassonia, Elettore palatino del Reno, fratello dell’imperatrice d’Austria - a mettere il bene comune al centro dell’azione politica. A regalarci la città che abitiamo e che splende nel mondo. Con l’Elettrice Palatina (morta nel febbraio 1743) il libro di famiglia si chiude, dopo 300 anni di potere contrassegnato dal Rinascimento.