Il primo gulag
Leggere:tutti, 01-09-2017, Giovanni Graziano Manca
Sia detto a beneficio di chi neppure sospetta della sua esistenza: l’arcipelago delle isole Solovki (Russia) è situato al largo della costa russa e dista alcune centinaia di chilometri dal confine con la Finlandia e a poca distanza dal Circolo polare artico. Si tratta, almeno a giudicare dalle foto che ognuno può vedere su Internet, di luoghi pittoreschi e molto interessanti, dal momento che, tra l’altro, vi sorgono edifici storici architettonicamente pregevoli. Tra questi vi è un complesso religioso costruito dai monaci ortodossi nel XV secolo, un monastero oggi diventato meta di visitatori particolari: sono i parenti delle vittime del primo campo di concentramento sovietico (Gulag) sorto al posto del monastero a seguito di un decreto firmato da Lenin nel 1923. Fu per primo Aleksandr Solženicyn
a descrivere nel suo romanzo Arcipelago Gulag la terribile verità su questi posti. In Il primo Gulag - Le isole Solovki Francesco Bigazzi racconta di come questi luoghi siano stati interamente riportati all’originario splendore. Tuttavia le circa 130 pagine del libro danno spazio a sufficienza anche ad altri racconti: quelli, ad esempio, che riguardano la cinica volontà del regime sovietico di eliminare persone ad esso poco gradite, le condizioni particolarmente tragiche in cui venivano a trovarsi i credenti in Dio (che venivano sottoposti a misure di sorveglianza aggiuntive proprio in quanto tali), la circostanza che tra i personaggi reclusi nei Gulag vi fossero anche insigni scienziati, dottori e accademici. Scrive Bigazzi: “Il monastero, con i suoi impressionanti edifici, dal quale si dirama una ret
e di stradine che portano agli eremi, sembra il luogo più adatto per isolare i cinquemila-diecimila prigionieri previsti: lontano dal continente e sepolto per otto mesi l’anno in un inverno glaciale, evaderne è infatti quasi impossibile”. Dal suo primo utilizzo come campo di concentramento alla sua definitiva chiusura all’inserimento della fortezza monastica nel patrimonio dell’Unesco: il saggio di Francesco Bigazzi (considerato tra i maggiori esperti di storia e cultura russa nel nostro paese) appare ben documentato, accattivante nella scrittura, agile e scorrevole da leggere. Buon libro scritto con piglio giornalistico ma con rigore storico, ci lascia terribilmente consapevoli della tragedia di migliaia di innocenti che nelle isole Solovki hanno trovato la morte. A loro il nostro pensiero.