Il “Dio” c’è ancora. Michelangelo esce dal deposito
Il Tirreno, 12-07-2017, Gabriele Rizza
Il Dio Fluviale, opera realizzata da Michelangelo nel 1527 e appena restaurata

Le storie a volte si intrecciano ma alla fine si dipanano. Quella del “Dio fluviale” di Michelangelo è una di queste. Il dio in questione, un imponente torso umano quasi a grandezza naturale, è un’opera unica nel suo genere nel “corpus” michelangiolesco, rarissima in assoluto in quanto appartenente a una tipologia di cantiere destinata alla distruzione e realizzata in materiali per loro natura effimeri. Fu concepita da Michelangelo fra il 1526 e il 1527 e deve la sua sopravvivenza alla preveggente generosità di Bartolomeo Ammannati che nel 1583 la donò all’Accademia delle arti del disegno, istituita per volontà di Cosimo I de’ Medici nel 1563, Accademia di cui il Buonarroti era stato il primo “membro”, e che alla morte, il 14 luglio 1564, si era occupata dei funerali e dell’erezione della tomba nella basilica di Santa Croce dove riposano i suoi resti mortali. Dal dicembre del 1965 il “Dio fluviale” si trova in deposito nel museo di Casa Buonarroti. E in questa sede, è stato allestito l’impegnativo cantiere del restauro, a cura dell’Opi
ficio delle pietre dure, ora conclusosi dopo ire anni di accurato e certosino lavoro. Una operazione che ha portato al ripristino della stabilità conservativa dell’opera che, fragile di per sé, aveva subito numerose “cure palliative” a partire dal Cinquecento. «L’intervento dei tecnici dell’Opificio – ha dichiarato Cristina Acidini, presidente dell’Accademia delle Arti del disegno – ci consegna una immagine che non si conosceva: un corpo potente, al quale il ritrovato biancore conferisce l’illusorio aspetto del marmo, pronto, come doveva essere nelle intenzioni di Michelangelo, per una ‘prova generale’ nella Sagrestia nuova in San Lorenzo. Infatti lo studio della statua, le tecniche di restauro e l’abilità degli operatori hanno consentito di raggiungere un obiettivo straordinario, quello appunto di riportare alla luce il colore originale a imitazione del marmo». L’iconografia a cui appartiene questo modello, riconoscibile malgrado il suo stato di incompletezza, è quella dei cosiddetti “Dei fluviali antropomorfi”, ampiamente diffusa sin dall’antichità classica. Nei documenti scritti, coevi alla realizzazione d
ell’opera, esistono testimonianze sul proposito michelangiolesco di realizzare “Dei fluviali” da collocare alle basi dei monumenti funebri dei duchi medicei nella Sagrestia di San Lorenzo. L’artista avrebbe formato dei modelli di terra a grandezza naturale, sia per ottenere l’approvazione della committenza, sia al contempo per fornire modelli di riferimenti per i collaboratori. Successivamente Michelangelo rinunciò a inserire questo tipo di “iconografia” e quindi la loro trasformazione in marmo non ebbe luogo. Per celebrare questo importante restauro, divulgarne i risultati e raccontare Nelle intenzioni dell’artista la statua doveva essere collocata in S.Lorenzo, poi venne salvata da Ammannati che la donò all’Accademia delle Belle Arti tutte le vicissitudini dell’opera è stato realizzato un catalogo edito da Polistampa a cura di Cristina Acidini, Giorgio Bonsanti e Enrico Sartoni. Il “Dio fluviale” così restaurato e restituito alla sua integrità statuaria sarà uno dei pezzi forti della mostra che a ottobre a cura di Antonio Natali si apre a Palazzo Strozzi. Al termine farà ritorno a Casa Buonarroti. Ma non più nei depositi.