Città di vita, cultura e umanesimo per superare il senso del provvisorio
La Nazione.it, 27-01-2017, Michele Brancale
La rivista che ha casa nella basilica di Santa Croce

Le riviste culturali nate nella nostra città compongono un mosaico ricco e al tempo stesso un fermento che ha animato la riflessione e il confronto in tante stagioni della vita della penisola e non solo. Per parte sua, dal 1946, ‘Città di vita’, la rivista che ha casa nella basilica di Santa Croce, ha percorso in modo tenace settanta anni di cammino confermando e allargando, attraverso il confronto sui tre pilastri di religione, arte e scienza, l’intuizione dei fondatori padre Luigi Santoro, Giovanni Papini e Eugenio Garin; intuizione che è stata poi portata avanti e fatta maturare per oltre quarant’anni da padre Massimiliano Rosito, e ora da padre Eugen Rachiteanu.
Settanta anni sono tanti e han
no sedimentato un vero e proprio patrimonio di interventi che portano le firme, tra gli altri, di Bargellini e Carlo Betocchi, di Nicola Lisi e Margherita Guidacci e, ancora, di Mario Luzi, di Jorge Uscatescu e Geno Pampaloni.
Quello della rivista è un servizio attento alla cultura e alla fede, filtrato dalla sensibilità propria dei seguaci di Francesco d’Assisi che vivono dentro la città e che ne hanno condiviso le diverse stagioni, come nel ‘66 durante l’alluvione. “La scommessa di ‘Città di vita’ è stata quella di salvare la cultura dalla provvissorietà e, sempre nel profondo, la dignità dell’uomo – ha osservato il sindaco Dario Nardella, durante il convegno dedicato al 70 esimo anniversario della rivista &
ndash; È un’intuizione che è stata concretizzata non a caso nel ’46, all’indomani della tragedia della seconda guerra mondiale. Con una cultura viva, infatti, si prevengono le guerre e le declinazioni dei conflitti, dal più piccolo al più grande”.
In un editoriale del 2006 Rosito osservava come sia “difficile non pensare in questo preciso momento storico al tormento del mondo, sospeso tra provvisorietà e perennità”. È una partita ancora aperta, nella quale non lasciarsi sfiduciare dall’escalation di violenza e guerre e da spinte disgregative che, ad esempio, spingono a non guardare all’Europa come una “patria” comune, nel senso di “terra dei padri”, a cedere su diritti e doveri umani.