Paradisi perduti e Arcadia ritrovata nell’incisione simbolista europea
Grafica d’Arte, 01-01-2017, Giorgio Marini
La rilettura del trattato teorico di Max Klinger (1857-1920) Malarei und Zeichnung (pittura e disegno), edito nel 1891 ma ristampato in ben sette edizioni nei successivi vent’anni, è ancor oggi un esercizio propedeutico alla piena comprensione dei fondamenti del Modernismo mitteleuropeo. Le riflessioni estetiche affidate al testo richiamano la visione wagneriana della “opera d’arte totale” e della “fusione delle arti” e i suoi enunciati teorici individuano nella cosiddetta Grifelkunst (Arte dello stile), “prodotto di un impulso interiore”, lo strumento privilegiato per avvicinarsi al mondo dei simboli e delle metafore , percorso significativamente facilitato proprio dalla possibilità di lavorare senza il colore. Nella visione klingeriana, infatti, la grafica, a differenza della pittura può mantenere quel carattere di astrazione dal dato naturalistico che è invece negato alla pittura, necessariamente legata alla figurazione.
Che poi, la testimonianza più efficace di questa sua posizione teorica si riveli nella stessa, particolarissima opera grafica di Klinger, che di quella costituisce la più eloquente trasposizione visiva, ce lo conferma in maniera eccellente il catalogo di una mostra assai riuscita ma che, per la sua sede periferica rispetto al circuito dei flussi del grande pubblico - il centro espositivo Antonio Berti e lo Spazio delle Arti di Colonnata, nel comune di Sesto Fiorentino - rischia di non a
ver avuto i riscontri che meritava. Riuscendo a riunire una scelta antologica di ben trecento incisioni dell’artista tedesco e di tutta una generazione di suoi seguaci e sodali, ne è risultata comunque una delle più ampie e coinvolgenti panoramiche di quel territorio ancor poco esplorato che è la grafica simbolista, così come venne declinata tra fine Ottocento e primo Novecento da una nutria schiera di artisti, molti dei quali ancora poco noti. Essi, coniugando mito e mistero, esprimevano l’inquietudine di quella “ossessione nordica” che fu ben inquadrata già da Vittorio Pica.
Fin dal titolo vi si coglie l’intento di evidenziare la doppia anima del simbolismo europeo: da un lato il ribollire di pulsioni inconsce, alimentate da angosce e tormenti, a cui si oppongono dall’altro i vagheggiamento nostalgici dei ,miti classici, che sembravano riviere incontaminati  sotto i cieli del Sud. Un’intima consonanza tra il mondo mediterraneo, l’arte del passato e la vita quotidiana, ricercata in una dimensione insieme simbolica e romanticamente  visionaria attirerà molti di questi artisti, variamente suggestionati da Bruckhardt e Nietzsche, a intraprendere il viaggio in Italia come un’autentica esperienza esistenziale.
Per la formazione di Klinger resta dunque fondamentale il soggiorno a Roma tra il 1888 e il 1893 e poi, dal 1905, il progetto di fondare a Firenze una casa per artisti, Villa Romana
, per tutto un gruppo di ultimi Deutsch-Römers a lui molto prossimi, come Karl Stauffer-Bern, Otto Greiner, Sigmund Lipinsky, Max Roeder o Sascha Schneider. Lì il sogno mediterraneo prenderà la forma di un immaginario popolato di ville antiche, grandi parchi, scorci con statue solitarie, boschi ombrosi.
Un bel testo di Giulia Ballerini in apertura ci aiuta a cogliere nell’arte ambigua di Klinger, passibile di vari livelli di lettura, la centralità del ruolo femminile il sarcasmo, tra amore, perdizione e redenzione, e spesso interpretato nella disperata prospettiva di una sequenza donna-peccato-passione-dolore-morte. Il lucido intervento di Francesco Parisi sull’estetica di Max Klinger si raccomanda poi per un’intrinseca capacità di penetrazione dei fenomeni grafici. Ma è soprattutto campo di Emanuele Bardazzi, che ripercorre tutte le sue predilezioni di studio, a dare contesto alla figura di Klinger incisore e al suo influsso sulla grafica del suo tempo, offrendoci quell’esaustivo resoconto che ancora mancava al lettore italiano, in linea con un risveglio d’interesse per la civiltà del “bianco e nero”. Le ottime biografie finali aiutano a inquadrare le figure e l’opera di questi artisti poco conosciuti, mentre una specifica, inedita sezione dedicata agli ex libris evidenzia come la loro stessa natura si prestasse più facilmente alla vocazione simbolista  degli autori chiamati a raccolta.