Orme di Guerra. Lettere e cartoline dal fronte (1912-1919) a cura di Laura Delle Cave
Il Galileo, 01-02-2017, Giuseppe Prunai
Un libro a mezza strada fra il romanzo epistolare e il diario? No, qualcosa di più perché man mano che ci si addentra nella lettura  si scoprono degli uomini che hanno affidato alla scarna prosa di lettere e cartoline i loro sentimenti, le  loro speranze e i loro timori, più che giustificati perché questi scritti riesumati dopo un secolo o giù di lì provengono dai fronti della guerra italo-turca, dall’Albania e. soprattutto, dalle trincee della prima guerra mondiale.
Laura Delle Cave, già docente universitaria di zoologia in diversi atenei italiani e presso l’università somala di Mogadiscio, conservatrice del Museo di paleontologia dell’università di Firenze, ha recuperato e riordinato un discreto numero di lettere e cartoline inviate da suo zio, il capitano medico Mario Morelli, alla famiglia: al padre, al fratello, alle sorelle.
Nelle lettere dal fronte o dalle immediate retrovie, i militari non potevano citare né località né fatti d’arme. Ogni scritto veniva sottoposto a censura i cui funzionari cancellavano ogni frase sospetta con un pennellino intinto nell’inchiostro di china. Per dribblare la censura i militari ricorrevano spesso a metafore, ad un linguaggio iniziatico, il classico lessico familiare. La posta per i militari aveva un indirizzo strano: Posta Militare ed un numero. Ad esempio: Posta Militare 999 era l’indirizzo del padre di chi scrive questa recensione. Lettere, cartoline e pacchi venivano avviate ad un centro di smistamento nelle retrovie e da lì inviate ai vari reparti. Sempre che venissero inviate perché, mi raccontava mia nonna infermiera volontaria della Croce rossa
italiana, in inverno pacchi e pacchi di corrispondenza venivano bruciati per riscaldarsi.
A parte le notizie familiari (suggerimenti al fratello studente universitario, colloqui a quattr’occhi con il padre e la madre) quello si  nota di più è lo stato d’animo del soldato. Subito dopo la disfatta di Caporetto, il capitano medico Morelli scrive al padre; “Potremo riparare almeno in parte al terribile colpo ricevuto?” E più avanti: ”Ciò che conviene in questa ora tremenda è quello di raccogliere le nostre energie, di unirsi strettamente intorno alla bandiera se pure valutando i pericoli dell’ora non scoraggiarsi: Una salus victis nullam sperare salutem, e combattere virilmente i nemici esterni come i nemici interni della patria”[1]. E poi cede alla rabbia di un sentimento fra l’anarchico e il populista: “Se in piazza del parlamento si elevassero parecchie decine di forche ad esempio severo non sarebbe male. Abbiamo della gente in patria che non conosce amore per la propria terra per la propria nazionalità e che desidererebbe per spirito di partito o per guadagni illeciti che il nemico della patria vincesse. Questo è il veleno che è stato propinato ai soldati e contro cui non è stato bene trovato o adottato l’antidoto”. Significativo il fatto che tali frasi non siano tate censurate. Evidentemente il censore la pensava allo stesso modo.
Non mancano considerazioni e descrizioni di altro genere. Ad esempio, trasferito con il suo ospedale da campo al Tonale, assiste alla caduta di una valanga dalla Presena dell’Adamello il cui fragore gli ricorda un verso del Carducci: “tuona la valanga”[2].

Infine, “italiani brava gente”. Dopo la fortunata controffensiva italiana che portò alla vittoria, all’ospedale da campo affluivano soprattutto militari austriaci feriti che i medici italiani curavano come se fossero stati connazionali. Per il medico, la sofferenza non ha bandiere. Gli austriaci erano piuttosto stupiti di questo. Si aspettavano di essere torturati, sbudellati, avvelenati. Invece venivano curati amorevolmente. Unico inconveniente, questi militari d’oltralpe erano incredibilmente sporchi e puzzavano “come il maiale in un lurido porcile”.
Il libro è corredato da numerose immagini. Alcune sono foto di famiglia, altre sono cartoline reggimentali e propagandistiche, altre ancora sono foto di commilitoni o di macchine di guerra. L’ultima, ritrae il sarcofago del Milite Ignoto e in primo piano c’è una foglia  sottratta alla corona d’alloro che lo accompagnava.
Il Prof. Dott. Mario Morelli raggiunse il grado di Maggior Generale Medico, fu decorato con medaglia di bronzo al valor militar, medaglia d’argento al valor civile, medaglia mauriziana di dieci lustri di servizio. Cessò di vivere l’11 maggio 1967. 1) “Una salus victis nullam sperare salutem: "Una sola salvezza resta ai vinti, non sperare nella salvezza" (Virgilio, Eneide, II, 354). In altre parole il coraggio della disperazione. Ed è appunto questo che Enea cercava d’infondere nei suoi compagni durante l’ultima cruenta anche se inutile difesa di Troia.
2) “Su le dentate scintillati vette / Salta il camoscio, tuona la valanga / Da ghiacci immani rotolando per le selve croscianti” (Giosuè Carducci, Piemonte)