La prima emergenza dell’Italia unita
Ricerche di Storia Politica, 01-04-2016, Marco Rovinello
Il volume curato da Paolini raccoglie gli atti del convegno tenutosi a Salerno nel 2013 e promosso dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia in collaborazione con le università di Firenze e Salerno. Tanto il convegno quanto il collettaneo intendevano proporre una riflessione storiografica aggiornata su quella che sin dal titolo viene presentata come La prima emergenza dell’Italia unita, ossia la questione meridionale e quel brigantaggio che alcuni non esitano a definire una guerra civile. Si tratta dunque di una delle questioni più delicate e controverse con cui la storiografia italiana si sia dovuta misurare, che acquista peraltro ulteriore rilevanza e attualità politica quando affrontata a breve distanza dalle celebrazioni per il Centocinquantesimo e dal conseguente revival della storiografia e della panflettistica antiunitarie e filoborboniche. Un convegno e un libro quindi opportuni per fare il punto, come scrive Luigi Rossi ad incipit del suo contributo, sullo stato dell’arte di una ricerca che ha osservato questo complesso fenomeno troppo spesso cadendo nelle «insidie di un confronto storiografico a tesi» (p. 13) e che, pur contando ormai su una lunga tradizione di studi ed una bibliografia cospicua, continua a frammentarsi nei mille rivoli di analisi spesso iperlocalistiche e a replicare non di rado letture e schemi interpretati
vi risalenti, quando non proprio ideologicamente connotati. Primo merito del libro è dunque quello per nulla scontato di un approccio filologicamente e scientificamente rigoroso al problema, che si concretizza – ed è il secondo titolo di merito da riconoscere al lavoro – in una serie di contributi ampia e articolata, capace di suggerire, se non proprio di rendere, la complessità di un fenomeno al contempo sociale, politico, economico e militare, non trascurandone aspetti meno frequentati dalla letteratura. Distribuiti in tre sezioni dedicate rispettivamente al quadro interno, al giudizio internazionale ed alla storiografia, i 13 saggi che compongono il volume esaminano infatti brigantaggio e questione meridionale non solo nell’analisi che di questi fenomeni venne fatta dalla classe dirigente e da altri protagonisti meno fortunati del Risorgimento come i democratici e la Chiesa cattolica, ma anche nella percezione che ne ebbero alcuni dei principali osservatori stranieri.
Piuttosto tradizionale risulta l’approccio dei contributi raccolti nel prima parte (Rossi, Sagrestani, Paolini, Conte, Palamara e Palmisciano), che usano perlopiù atti parlamentari e giornali per ricostruire il dibattito in aula durante la prima legislatura unitaria, con il suo tentativo di minimizzare la rivolta meridionale; l’operato della Commissio
ne d’inchiesta, invocata da subito ma istituita solo sull’onda di Aspromonte; le denunce del composito e velleitario universo democratico, nonché il mutare nel tempo delle rappresentazioni del brigante proposte dalla stampa napoletana e dalla «Civiltà Cattolica».
Un interessante sguardo dall’esterno è invece offerto dai saggi di Di Sanzo, Ferrarese, Benocci e Castagna, che scelgono di non osservare la vicenda del Mezzogiorno in chiave transnazionale né ricorrono a suggestive categorie proposte di recente, ma offrono comunque ricostruzioni puntuali delle reazioni inglese, francese, tedesca e statunitense ai primi problemi del nuovo regno. Chiude il volume la sezione riservata alla storiografia, i cui tre interventi presentano le riflessioni di esponenti di spicco della classe dirigente nazionale su alcuni dei problemi-simbolo dell’arretratezza meridionale: Ceccuti sottolinea il ritardo con cui essa prese coscienza della questione prendendo spunto dalle posizioni di Ricasoli, Villari e Sonnino; Manica guarda all’emigrazione attraverso gli occhi dello stesso Sonnino, ma anche di Franchetti e di Villari; Parrella ricostruisce infine la tardiva genesi del «mito» delle Due Sicilie, le sue radici ed il suo restare «tale, distante dalla concreta esperienza storica del suo oggetto» (p. 270).