Balducci e la cultura della diversità
Erba d’Arno, 01-09-2016, Riccardo Cardellicchio
Le piccole e medie case editrici – e la Toscana ne ha, che arrancano – potrebbero trovare la ragion d’essere… il loro spazio… se non scimmiottassero le grandi. Pensavo a questo, avendo tra le mani Dobbiamo vivere insieme, di padre Ernesto Balducci, pubblicato da Mauro Pagliai, editore in Firenze (p.68, euro 7,50). Voglio dire che la strada da percorrere, per le piccole e medie case editrici, è quella culturale. Se Pagliai avesse puntato a imitare, che so?, la Mondadori, ora non avremmo gli scritti sull&rsqu
o;Islam e sull’immigrazione, redatti da Balducci, dal 1983 al 1992, anno della sua morte, con lucidità profetica. Anche per questo, il libretto è prezioso. Eppoi, via, un padre Balducci si legge sempre volentieri… apre la mente… coinvolge… Come si fa a ignorare chi scrive, poco prima della sua morte: “Dato per scontato che la presenza dei gruppi etnici diversi dal nostro si farà massiccia, si aprono due vie: quella della lenta assimilazione, di modo che in una o due generazioni di immigrati d
iventeranno in tutto come noi, o quella della convivenza tra gruppi etnicamente e culturalmente diversi. Io credo che la via giusta sia quella della convivenza. Ma se questo è vero dobbiamo affrettarci a predisporre gli strumenti necessari – a cominciare dalla scuola – perché si avveri senza traumi. Quel che occorre è una rapida instaurazione della cultura della diversità. Le culture che si chiudono in se stesse sono destinate a morire. La nostra non fa ecceazione”. Se l’avessimo ascoltato.