Quell’arte poco conosciuta al centro della Sicilia che va valorizzata
Giornale di Sicilia, 22-02-2016, Giusi Parisi
«Arti al centro. Ricerche sul patrimonio culturale della Sicilia centrale 1861-2011»(Polistampa;2015) è il volume che mancava. Curato dagli storici dell’arte Maria Karja Guida e Paolo Russo raccoglie studi sulle arti dell’entroterra siciliano (tra le province di Enna e Caltanissetta), dalla seconda metà del 1800 al 2011. Perché pittura, architettura, teatro, cinema e moda, in Sicilia, spesso sono state invisibili e quindi non fruibili. L’obiettivo del testo è divulgare e quindi valorizzare il patrimonio della Sicilia «di mezzo», territorio che non vuole essere marginale e che rivendica «centralità».       Dottor Russo, è la centralità a dare visibilità?
«La geografia artistica non è una disciplina bensì un orientamento diffuso nella moderna storiografia storico-artistica, come ha ben sintetizzato Bruno Toscano, distinguendo tra il mero ordinamento topografico dei materiali artistici e le relazioni spaziali e culturali, di cui fa parte la dinamica centro/periferia. Il volume ha inteso evidenziare la fitta e articolata rete di relazioni tra il centro dell’isola e il resto della Sicilia. Alla luce delle ricerche, credo debba parlarsi di policentrismo».        Lo sforzo della Regione qual è stato?
«Non è sufficiente il riconoscimento e l’affermazione in via teorica di una centralità, ancorchè molteplice se a ciò non si accompagna un programma culturale globale, una consapevolezza politica per i beni culturali. L’azione dell’Amministrazione regionale relativamente al complesso problema della tutela e della gestione del patrimonio artistico e culturale in Sicilia, ad esempio, non sembra aver fatto registrare complessivamente risultati commisurati alle attese. Per contro, l’iniziativa in questione rappresenta un compiuto e significativo sforzo dell’Amministrazione nella direzione auspicata».       Il balletto di assessori che si sono succeduti, giova?
«La stabilità è sicuramente un elemento garanzia di continuità per lo sviluppo e il compimento di processi importanti, che richiedono elaborazioni di media e lunga durata. La loro improvvisa interruzione e i ripetuti e repentini cambi di direzione sono inevitabilmente causa di inerzia, con conseguente dispersione e perdita di risorse intellettuali ed economiche. È del resto notizia di questi giorni l’ennesima proposta di riforma del sistema di tutela in Sicilia. Senza ent
rare nel merito, si può citare quanto osservato nel suo blog dal presidente del Consiglio nazionale dei Beni culturali in merito alla Sicilia, secondo cui a vanificare una corretta ed efficace politica di tutela e valorizzazione del patrimonio non è tanto il cambio continuo degli assessori bensì l’ingerenza della politica con la “girandola di dirigenti...non reclutati o promossi sulla base di competenze tecnico scientifiche”. È forse questo, in senso stretto, il punto».      C’è un potenziale che la Sicilia ha e non capitalizza?
«Distinguerei tra capitale materiale e capitale umano di cui la Sicilia è, in diversa misura, largamente provvista, ma di cui non sempre mostra consapevolezza. Da un canto le cosiddette risorse culturali (opere, monumenti, siti) diffuse capillarmente sul territorio; e, dall’altro, costante nel tempo, è stata l’espressione di una rilevante presenza di intellettuali, artisti, professionisti nel mondo di beni culturali, cui aggiungo un cospicuo numero di archeologi, storici dell’arte, paleografi, bibliotecari, chimici e biologi dei beni culturali, in forza alla Regione dal 2005 in avanti, in virtù di un pubblico concorso ma non adeguatamente “utilizzati”, sulla cui incredibile vicenda non è fatto luogo qui di argomentare».       Convengono strutture che in piccoli centri raccolgano opere di artisti locali come il Tripisciano a Caltanissetta?
«La questione credo sia quella della tendenza diffusa all’istituzione spontanea di nuovi musei locali senza preoccuparsi della gestione e del funzionamento della struttura (Finanziamenti, personale, programmazione) e pertanto destinati ad avere vita breve. Problemi che in parte riguardano anche i “grandi musei” della Regione. D’altra parte, alla base del piccolo come del grande, deve consistere l’idea di museo non come centro di raccolta acritico di materiali ma luogo di conoscenza, e trasmissione della stessa. Vale la formula: non si può valorizzare ciò che non si conosce. Sarei più per un “sistema museale” che raccolga un insieme differenziato di musei in un contesto territoriale culturalmente omogeneo, ribaltando il rapporto che privilegia i grandi a scapito dei più deboli. Non mi sembra, anche in questo caso, che la citata riforma vada in questa direzione».       Chi era Angelo Li Gotti che rinunciò a una brillante carriera per fare il medico condotto a Barrafranca?
«Ci sono figure impor
tanti nell’economia dell’attività di tutela e ricerca del patrimonio archeologico della Sicilia dell’interno, come quella di Angelo Li Gotti. Ma anche personalità di Soprintendenti come Paolo Orsi e Bernardo Brea, che hanno operato nell’Ennese e che attendono ancora un’adeguata messa a fuoco. I saggi in volume di Enrico Giannitrapani, Francesca Valbruzzi e Rossella Nicoletti rispondono puntualmente a questa esigenza. Circa la messa in valore o la divulgazione di queste testimonianze, in stringente rapporto con il territorio, girerei la domanda agli amministratori locali, ai quali semmai il volume può offrire un importante contributo di conoscenza».       A chi rivolge prevalentemente «Arti in centro»?
«Il volume fa parte di un articolato progetto di valorizzazione del patrimonio culturale della Sicilia centrale (La produzione artistica e artigianale nella Sicilia dell’interno dall’Unità d’Italia ad oggi) promosso dall’assessore regionale per i Beni culturali e ambientali nell’ambito del PO Fesr Sicilia 2007-2013 (Programma Operativo Regionale,Fondo europeo per lo sviluppo regionale)».      Nel 1907 Giovani Paternò Castello scriveva «l’interno della Sicilia giace nell’abbandono più sconfortante». A distanza di oltre cento anni qualcosa è cambiato?
«Molto è cambiato per il patrimonio artistico e culturale. Sono sopraggiunte leggi e istituti nazionali preposti alla tutela e alla valorizzazione; seguite da leggi regionali istitutive della tutela del patrimonio culturale nazionale in Sicilia (e sottolineo nazionale) dal carattere innovativo. Ma se volgiamo lo sguardo agli ultimi trent’anni, si ha la sensazione che le parole di Paternò Castello risuonino si stringente attualità».      C’è un siciliano «di mezzo» cui lei è legato?
«Non un artista bensì un intellettuale siciliano: il catanese Concetto Marchesi che fu tra gli artefici dell’articolo 9 della Costituzione italiana sul patrimonio culturale. Questa citazione è tratta da un suo discorso parlamentare nella seduta del 30 aprile 1947, proprio in opposizione alla proprosta di soppressione di quell’articolo dal progetto di Costituzione: “La Sicilia è tutta quanta un grandioso e glorioso museo...e noi non dovremo permettere che interessi locali, che irresponsabilità locali abbiano a minacciare un così prezioso patrimonio nazionale”».