Gaetano Casoni, la Resistenza di un avvocato fiorentino
La Repubblica, 31-01-2016, Simone Fortuna
La Resistenza. Non quella degli eroi, ma il lavoro della diplomazia: le mediazioni interne al Comitato di Liberazione; il dialogo con poteri come la curia e il consolato tedesco; i contatti con le figure meno ripugnanti del fronte nazifascista. È questo lo scenario in cui si mosse Gaetano Casoni, avvocato, liberale mai iscritto al fascismo, nell’estate fatale della Battaglia di Firenze, così come rivive nel suo “Diario fiorentino, giugno- agosto 1944” (pp. 395, 18 euro; domani la presentazione nell’auditorium di via Portinari 5, ore 17) mai più pubblicato dal 1946 e ora riscoperto da Istituto storico della Resistenza, Ente Cassa di Risparmio e Polistampa. L’originale riproposto in anastatica è preceduto da un’introduzione di Giulio Conticelli con la chicca di due lettere inedite, di Giovan Battista Montini e Giorgio La Pira. Il quale, pur latitante, cerca ostinatamente aiuti per le &ldq
uo;messe dei poveri” di San Procolo: “Quanti milioni e miliardi distrutti per uccidere! - scrive il futuro sindaco - Cosa varrebbe infine, qualche milione per vivificare?”.
La Resistenza, anche vissuta negli studi professionali, non era priva di gravi pericoli. Casoni viene arrestato dalle Ss il 9 luglio e portato a Villa Triste. Il diario racconta, glaciale, dei tre sgherri che pistole alla mano lo prelevano in ufficio sotto gli occhi della figlia. E la permanenza in cella con i figli di Adone Zoli (quel giorno ben quattro familiari del leader democristiano vennero incarcerati).
Vicinissimo all’arcivescovo cardinale Elia Dalla Costa che si adopera per liberarlo, Casoni condivide con lui tante operazioni ora di alto profilo (l’ultimo inutile tentativo di ottenere lo status di “città libera” o la difesa del patrimonio artistico dai saccheggi finali), ora più umili ma non meno importa
nti: far funzionare il mulino Biondi di viale dei Mille, che produce farina durante il passaggio del fronte, o la Misericordia rimasta senza autoambulanze perché rubate dai tedeschi.
Affascinanti le annotazioni su episodi come il suicidio di Bruno Fanciullacci, la morte di Fortunato Gentile, figlio del filosofo (Casoni fa sua la tesi che fosse stato ucciso dalla banda dell’odiato Carità). O il passaggio di Alessandro Pavolini che alloggia all’Excelsior da dove organizza con alcuni giovani fanatici l’ultimo orrore, i cecchini dell’11 agosto.
Il diario si conclude il 23 agosto 1944. Per Casoni inizia un dopoguerra impegnativo: dall’anno successivo è presidente del Comitato della Croce Rossa responsabile di vari ospedali in Toscana oltre che di servizi essenziali per i prigionieri e gli orfani. Inizia anche l’attività politica, finalmente alla luce del sole, nelle file del Pli.