La realtà, tutta la realtà di Sciltian
Sette, 16-10-2015, Vittorio Sgarbi
Dopo molti anni di indifferenza, Sciltian è tornato all’attenzione della giovane critica con una mostra ricca e precisa in villa Bardini a Firenze, in una sequenza espositiva che ha visto riemergere veri pittori come Giovanni Colacicchi e Pietro Annigoni. Stefano Sbarbaro, studioso originale e curioso, ha ritrovato opere diverse e dimenticate. Alcune, degli anni Venti  e Trenta, così antiche da rivelare compatibilità e perfetta coerenza con la potente “Nuova oggettività tedesca”: L&rsq
uo;uomo che si pettina (1925),L’autoritratto con famiglia Bianchi (1925), Messalina(1926),Marinette (1927), Bacco in osteria (1935-1936). Altre, inattuali, nel clima degli anni Cinquanta e Sessanta (peraltro intimamente cinematografiche, in un’aurea di neorealismo favoloso), come La scuola dei ladri (1954-1955), e L’eterna illusione (1967-1968), sempre nello spirito indomito del Manifesto e in irriducibile polemica con le tendenze contemporanee. Un particolare, fino a oggi sfuggito, nel grande dipinto La scuola dei mo
dernisti (1955-1956), evidenzia le posizioni contrapposte, affiancando i due critici più significativi di quegli anni: Lionello Venturi e Roberto Longhi
è certamente sintomatico che il vincitore di allora, nella schiacciante affermazione delle ricerche non figurative, appaia oggi totalmente scomparso e ininfluente anche nella imprescindibile storicizzazione rispetto al secondo, codificatore in un coerente percorso estetico, perenne, della “pittura della realtà”, da Caravaggio a Ceruti, a Sciltian.