Oriana Fallaci, il film temuto
Diari di Cineclub, 01-02-2017, Roberto Petrocchi
L’opera di Nencini non è né vuole essere una biografia, ma la testimonianza di un sentimento di vicinanza e solidarietà umana; il resoconto, attraverso una prosa asciutta, antiretorica, di un confronto d’intelligenze, oltre ogni pregiudizio. Ho parlato, in riferimento alla presunta attinenza dell’Idea/“sollecitazione emozionale” con contenuti/racconti precostituiti, di necessità di una scelta etica. Aggiungo che quella verso cui la lettura del libro di Nencini mi ha indirizzato, è stata una scelta di verità. La sola, per quanto mi riguarda, che potesse sottendere l’Intuizione creativa, nell’accezione più estesa. Lo stesso realismo e “documento visionario”, in virt&ugr
ave; dei quali “Morirò in piedi” abbraccia l’itinerario esistenziale, strettamente connesso a quello professionale, attraverso le parole ed i sentimenti della donna: i suoi rimpianti, i ricordi, la “lettura” del presente e l’interpretazione del passato, i momenti spiazzanti di speranza e di vis polemica, e quelli – che lo sono altrettanto – d’intima resa di fronte al disfacimento fisico e interiore, dovuti alla malattia. Itinerario che, momento dopo momento, attraverso la necessità – mai così esplicita – da parte di Oriana di confidarsi, traccia le ragioni dei suoi convincimenti e esplora la fatica con cui ne ha fatto la sua necessità di “scrittore”. Si pensi alle
prime parole, al cospetto dell’amico: un atto d’amore, viscerale, struggente – anche se, in più di un’occasione, unilaterale – verso la sua Firenze: “Sono alla fine, Riccardo, e voglio morire a Firenze. Te lo avevo detto a New York. Ed ora ci siamo. Ma morirò in piedi, come Emily Bronte. Firenze è la mia città. Qui sono nata, qui sono sepolti i miei affetti, la mia gente. Qui ho iniziato a volere la libertà, quando ancora non sapevo cosa fosse”. Parole, che sono, nel medesimo tempo, l’orgogliosa rivendicazione di una morte dignitosa: persuasa, da sempre, che la cosa più importante, fosse stata vivere con dignità, la donna ritiene, ora, che sia più importante morirvi.